Ma cos’è l’arte?

Per inclinazione, o più probabilmente per formazione culturale, sono pochi fra noi quelli che non riconoscono alcun genere di valore all’arte: che si tratti di quadri, di sculture, o di opere architettoniche, comunemente siamo tutti più o meno concordi nel constatare che l’arte renda la nostra vita migliore, ci ispiri a pensieri e riflessioni profonde, e in ogni sua forma sia meritevole di considerazione e di ammirazione. Ma dove non tutti siamo d’accordo, e il dubbio entra in gioco, è dinanzi all’arte moderna – dove, non riconoscendo più nè un’abilità pratica nè una similitudine al vero, manchiamo degli strumenti per attribuire un valore evidente a quadri che sappiamo essere venduti per cifre straordinarie. Siamo tutti, o quasi tutti, capaci di restare meravigliati ed ammirati dinanzi alla potenza degli affreschi di Michelangelo, alla raffinatezza dei corpi scolpiti dagli antichi Greci, o alla grandiosità della Cattedrale di Notre-Dame; ma quando abbiamo davanti ai nostri occhi un dipinto che, in tutta semplicità, siamo convinti si possa realizzare in pochi secondi giocherellando con colori e pennello, e dal quale non ci viene trasmesso alcun tipo di impressione, cosa dobbiamo finire col credere? Sarà vera arte? Domandiamocelo di fronte a tre di queste opere…

Jackson Pollock e l’Action Painting

Era il 1949, e Jackson Pollock veniva definito da critici ed esperti come il più importante pittore di tutta l’America; ed era il 1952, soltanto tre anni più tardi, quando i suoi lavori smisero di essere “dipinti” per procurarsi la qualifica di “eventi”, e l’intero stile della sua pittura prese un nome inventato a bella posta, quello di “action painting”. Ma guardiamolo, un quadro di Pollock: anche facendo i conti con la nostra probabile assenza di preparazione specifica, non ci sorge sincero l’istinto di commentare che si tratta unicamente di schizzi casuali di colore su di una tela? Riusciamo, candidamente, a riconoscere una qualche ispirazione, un messaggio da cogliere, insomma uno qualsiasi dei tratti che riteniamo occorrano a fare di un oggetto un’opera d’arte? Speriamo che ve li ravvisi almeno chi, nel mercato dell’arte, è disposto a valutare i quadri di Pollock a centinaia di milioni di dollari.

Kazimir Malevich e “Quadrato Nero”

Forse per una cultura artistica imperfetta ed incompleta, che ci abitua troppo a ricercare nell’arte il realismo o quantomeno la capacità di interpretare in maniera discernibile, se pur originale, la realtà che ci circonda nel nostro quotidiano, siamo solitamente in difficoltà, in veste di profani, a riconoscere un reale valore artistico alle opere astratte nel loro complesso. Tuttavia, pur riconoscendo questa carenza culturale di fondo, diventa arduo riuscire a non avere dubbi sul valore artistico di quest’opera di Malevich – alla lettera, una tela quadrata su cui è dipinto un quadrato completamente nero – o in generale nell’intera corrente di cui fece parte, il Suprematismo. Il mercato dell’arte, d’altro canto, le ha assegnato un valore economico molto determinato, sui sessanta milioni di dollari.

Barnet Newman e “Onement I”

Onement I è un’opera che risale agli anni Quaranta del secolo scorso. Newman stesso, dipoi, la definì baldanzosamente l’opera che aveva in modo definitivo rappresentato la sua rivoluzione artistica, la cifra e la chiave del suo intero lavoro di pittore. È una tela più alta che larga, dipinta di un uniforme color marrone, e attraversata perpendicolarmente, al centro, da una linea a pennello, dai bordi irregolari, di colore giallo. E proprio quella linea, che Newman chiamava “ZIP” e separava in due la struttura spaziale dei suoi quadri, era secondo l’artista la grande rivoluzione artistica. Al di là dei dubbi, onestamente legittimi, che questo può far sorgere, rimane la valutazione economica del quadro, che oscilla stabilmente fra i tre e i cinque milioni di dollari.